L’Associazione Sportiva Dilettantistica Bologna Calcio Femminile, meglio nota come Bologna, è una società calcistica femminile con sede a Bologna. La Home è invece un «instant classic»: il design misto con scacchi e strisce, ma soprattutto una nota di verde brillante che Hummel ha già sperimentato la scorsa stagione con la maglia Away del Real Betis Balompié. E la prima maglia Nike è proprio quella della stagione 98-99. In quell’anno venne proposta una casacca semplice, lineare e dal design pulito, in contrasto con lo stile più elaborato che Kappa aveva proposto nelle stagioni precedenti. In altre parole, se nelle risposte dell’intervistato vi sono frasi che diffamano la reputazione di qualcuno, il cronista deve riportarle in modo asettico senza correzioni oppure deve evitare di pubblicarle se non ne accerta prima l’attendibilità? In altre parole, se l’intervistato è una persona con una carica pubblica particolarmente importante, oppure un personaggio noto e influente per l’opinione pubblica, il giornalista fa bene a pubblicare le sue dichiarazioni perché è già una notizia il fatto che le parole vengano proprio da quel personaggio.
Lo fa perché pensa che il rapporto di fiducia non venga condizionato. Dunque Padellaro avrebbe dovuto eliminare dalla rielaborazione scritta dell’intervista la frase contenente gli “eccessi deliranti” perché l’accusa risultava chiaramente diffamatoria. Di nuovo qui si aggiunge che la scriminante non esiste “quando l’intervistato esprima valutazioni critiche gratuitamente offensive, perché in questo caso l’illiceità delle dichiarazioni riferite è immediatamente rilevabile dal giornalista, senza neppure l’esigenza di indagini intese a verificarne la corrispondenza ai fatti”. È evidente in tal caso l’innocenza del cronista, ingannato dall’uomo pubblico, che risponderà da solo delle sue irresponsabili affermazioni. In tal caso, il giornalista potrà essere scriminato anche se riporterà espressioni offensive pronunciate dall’intervistato all’indirizzo di altri, quando per le rilevanti cariche pubbliche ricoperte dai soggetti coinvolti o per la loro indiscussa notorietà, l’intervista assuma carattere di un evento di pubblico interesse (…) La dichiarazione di un capo di stato, di un leader politico o sindacale, di uno scienziato di indubbia fama, ad esempio, devono ritenersi meritevoli di essere integralmente pubblicate, indipendentemente dalla veridicità dei fatti narrati o dalla intrinseca offensività delle espressioni usate. Nel Giugno del 1995, il giornalista Antonio Padellaro intervista per L’Espresso il collega Giuliano Ferrara sul delicato tema della custodia cautelare.
A risolvere l’inconciliabilità delle due interpretazioni opposte riguardanti la diffamazione nell’intervista giornalistica, ci ha pensato la sentenza della Corte di Cassazione n.37140 dell’Ottobre 2001. Essa chiarisce definitivamente la portata dell’esimente da intervista dirimendo il contrasto tra la linea morbida e la linea dura. Nel1991, il tribunale di Roma precisa poi che “la pubblicazione di una intervista contenente notizie diffamatorie, può diversamente ritenersi lecita allorché soccorrono gli estremi della verità dell’informazione, sotto il duplice profilo della fedele riproduzione del pensiero dell’intervistato e della verità della notizia dallo stesso riferita, dell’interesse pubblico alla conoscenza e della correttezza delle espressioni usate”. Questa linea dottrinale è confermata dalla sentenza della Corte di Cassazione del 5 Febbraio 1986, dove leggiamo: “Il giornalista che abbia causato la pubblicazione di un’intervista, contenente dichiarazioni ritenute offensive dell’altrui reputazione, concorre al reato di diffamazione a mezzo stampa poiché mediante il suo intervento si è resa di pubblico dominio la denigrazione della personalità morale dell’offeso”.
Tornando però ai due orientamenti espressi dalla giurisprudenza, vi sono due sentenze opposte che hanno fatto scalpore e hanno investito giornalisti di primo piano e due testate nazionali. Il tribunale di Padova, il 4 Novembre 1987, giudica “non punibili, per aver esercitato il diritto di cronaca, i giornalisti che, pur pubblicando notizie lesive della reputazione di un esponente politico, espongono la notizia in forma misurata e contenuta dopo ricerche e verifiche, e soprattutto consentendo allo stesso esponente politico di esporre in stretta successione cronologica, in una intervista, le proprie opinioni volendo così riparare e rimediare il guasto lamentato”. Il numero di domande arriva anche a cinquanta per intervista, le risposte sono complete, sempre argomentate e mai telegrafiche. La verità dell’informazione (o meglio la sua approfondita e professionalmente corretta verifica su più fonti autonome), l’interesse pubblico all’informazione e la correttezza espositiva nel rispetto della dignità umana sono i cardini dello ius narrandi: dovrebbero chiarire cosa è pubblicabile e cosa no, pur essendo a volte vittime di interpretazioni soggettive. Dunque se in un’intervista si chiama in causa un personaggio politico di spicco, prevale l’interesse pubblico e il giornalista non è perseguibile. La giornalista è padrone di una soggettività che si nasconde né si sacrifica sull’altare dell’imparzialità: a costo di lasciare “brandelli d’anima” in ogni colloquio, la Fallaci non molla la presa finché non avvicina la verità e svela l’interiorità dei suoi interlocutori.